Il 2 aprile il Presidente USA, Donald Trump, ha annunciato dazi che hanno sorpreso i mercati finanziari. Poiché un aumento così significativo dei dazi non era stato previsto, gli investitori, temendo un forte impatto negativo sulla crescita economica, hanno venduto a piene mani i titoli azionari e ricercato sicurezza nei beni rifugio. Ad acuire i timori sono sopraggiunte le aspettative di rappresaglie da parte dei paesi colpiti. E a rendere il quadro ancor più imprevedibile è giunta poi il 9 aprile la decisione di Trump di autorizzare una pausa di 90 giorni per le tariffe cosiddette reciproche, quelle più elevate.
Quando i crolli dei mercati finanziari, in questa occasione nell’ordine di quasi il 20% dai massimi per i principali indici globali, guidano l’apertura dei principali media, i risparmiatori tendono a spaventarsi e assumere atteggiamenti ispirati alla massima prudenza.
Per contrastare efficacemente questa comprensibile reazione emotiva occorre tenere a mente quello che la storia dei mercati finanziari ci ha insegnato. Dagli anni Duemila abbiamo avuto diverse crisi finanziarie: lo scoppio della bolla tecnologica americana nel 2000, la grande crisi del mercato immobiliare USA nel 2007, la pandemia nel 2020. Le perdite delle borse in quelle occasioni hanno oscillato tra il -51% (crisi 2007) e il -20% (crisi pandemica, dati riferiti all’indice USA S&P 500).
Quello che tipicamente sfugge nei tempi in cui tutto appare cupo è che le crisi si risolvono e il loro impatto negativo viene riassorbito nel tempo. A volte in tempi relativamente brevi, come nel caso del Covid (appena 6 mesi per recuperare le perdite), a volte in tempi più lunghi (poco più di 6 anni per riassorbire il mercato orso del 2000). I recuperi delle borse, però, non fanno notizia sui media come i crolli. Quindi, la prima riflessione è: di fronte ad una crisi non bisogna farsi prendere dal panico. Il tempo lavora dalla parte degli investitori pazienti.
La seconda riflessione riguarda l’elemento centrale di ogni pianificazione finanziaria: la diversificazione, ovvero combinare in portafoglio asset class (azioni, obbligazioni, materie prime) che non si muovono nella medesima direzione nelle diverse fasi di mercato. In questa prima parte del 2025 le asset class infatti hanno mostrato comportamenti differenziati non solo tra di esse, ma anche al loro interno. Portafogli diversificati, tipici dei comparti del fondo pensione, aiutano ad avere un assetto bilanciato, in grado di essere più resiliente nelle fasi di grande tensione.
Di fronte a improvvise fasi di volatilità bisogna mantenere i nervi saldi. La modalità di alimentazione dell’investimento previdenziale tramite versamenti ricorrenti aiuta a investire con metodo sui mercati finanziari e avvantaggiarsi delle fasi di ribasso, che si trasformano in opportunità. Inoltre, la valorizzazione quindicinale del portafoglio consente di non farsi distrarre dal rumore generato quotidianamente dai mercati finanziari.
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